Dual plane

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È divenuto quasi una parola d'ordine: se lo fai se doc se no sei obsoleto, da scartare. Figura nei forum al femminile come esperienza già fatta o come esperienza da fare, con domande a chi lo ha già subito, specie in merito alla dolorabilitá. Figura nei motori di ricerca col massimo delle presenze.

Di cosa si tratta? Nell'immaginario si tratta di posizionare la protesi mammaria in parte sotto il muscolo gran pettorale, in parte sotto il corpo ghiandolare. Invece nella sua definizione originaria non è proprio solo così, vediamo di fare chiarezza.

Se avete voglia, se siete interessati ad approfondire questo tema, andate a veder in internet una figura che vi rappresenta l'anatomia del muscolo gran pettorale e capirete che una volta sollevato e disinserito parzialmente dalle sue inserzioni costali inferiormente per creare l'accesso al confezionamento della tasca chirurgica e poi al posizionamento della protesi, trovandosi a coprire una superficie curva ( quella della protesi ) andrà naturalmente a ritirarsi, cioè sarà insufficiente nelle sue dimensioni piane a coprire interamente una superficie curva e quindi parte della protesi ( quella inferiore ) rimarrà scoperta dal muscolo e rimarrà in posizione direttamente retro ghiandolare.

Questo è sempre stato e quindi nessuna novità, non c'è bisogno di evocare il dual plane.

Ma se l'idea è quella che parte del muscolo resti sul piano toracico per essere stato sezionato a un certo livello, e questa è l'idea corrente e che hanno anche la maggiorparte dei chirurghi, non ha nulla a che vedere col concetto innovativo originario del dual plane.

La tecnica del dual plane infatti venne descritta nel novanta da un famoso chirurgo plastico di nome John Tebbets che integrava la tecnica retroghiandolare con quella retromuscolare. Tebbets divise in tre tipi il dual plane da lui proposto: primo tipo, disinserzione del muscolo gran pettorale, inferiormente dalle sue connessioni con la sesta costola, fino alle inserzioni sternali ( e fin qui nulla di nuovo, si è sempre fatto così per poter inserire la protesi, ma Tebbets probabilmente avrà considerato questo tipo di dual plane, senza volergli attribuire valore di novità, come invece è giusto attribuire ai gradi successivi, come vedremo, nell'ambito di una trattazione didattica completa sul posizionamento delle protesi secondo la sua filosofia ); secondo tipo: viene scollato il corpo ghiandolare dalla fascia del muscolo gran pettorale fino all'areola e nel terzo tipo fino a sopra l'areola. In questi due tipi di dual plane c'è in effetti una innovazione ( a prescindere che molti chirurghi tra i quali il sottoscritto agivano già in tal modo, ma quello che è giusto è giusto e la paternità del dual plane va a Tebbets) che consiste nell'aver integrato la tecnica retroghiandolare con quella retro muscolare. Vantaggi? Consentire una rotazione in alto del corpo ghiandolare utile nei seni un po' ptosici e consentire alla protesi (specie se di tipo anatomico, che a parità di volume è più proiettata al polo inferiore) di esprimere tutta la sua proiezione senza essere costretta dal corpo muscolare sovrastante, data la sua insufficienza a coprire, come abbiamo già argomentato, la superficie curva protesica.

In conclusione è vero che nel dual plane una parte della protesi rimane scoperta dal muscolo ma non perché il muscolo viene sezionato a un livello diverso, o perché il muscolo sollevato e disinserito non basta a coprire tutta la superficie protesica (anche se tale situazione è descritta da Tebbets nel primo tipo di dual plane, senza avere peraltro caratteristiche innovative), perché viene scollato il corpo ghiandolare fino a un certo livello (due livelli, due tipi dual plane).

E questo è l'aspetto innovativo che caratterizza la tecnica originaria e "vera" del dual plane. Ciò non toglie che ciascuno possa aver fatto propria l'espressione "dual plane" in quanto significativa e quindi fortunata, per fare altre cose, in linea col concetto che le parole esprimono (anche così, sezionando il muscolo gran pettorale a un certo livello per lasciarne giù una parte e per coprire la protesi solo con una sua porzione, quella superiore si configura un doppio piano.).